martedì 22 novembre 2011

leggere per descrivere

La descrizione è il “banco di prova” in cui un lettore esperto riesce a capire le capacità di uno scrittore.
La descrizione fa uno zoom, e, ovviamente, non tutti gli elementi vanno descritti con la medesima cura.
Ogni dettaglio, però, contribuisce ad arricchire il lettore e a dargli elementi su cui può spaziare come desidera.
E il lettore è libero anche di fare le sue ipotesi e considerazioni sulla narrazione.
In ogni descrizione va trovata una chiave di lettura che possa mettere in gioco tutti gli elementi, che possa creare il clima giusto del vostro racconto.
Nei testi letterari dialoghi, descrizioni, circostanze devono essere legati assieme da una trama omogenea e devono completarsi a vicenda.
La descrizione fisica non è sempre necessaria per delineare un personaggio, a volte le sue azioni sono più eloquenti.
Raramente è necessario dare al lettore le sembianze esatte del personaggio, ma se lo si fa questo deve avere un motivo, deve nascere da un’esigenza.
Fare una descrizione significa anche e soprattutto saper cogliere i dettagli e con questi lasciar immaginare e fantasticare il lettore.
Di seguito vi mostro una breve lista:
1) impatto visivo;
2) più la collocazione spaziale;
3) più gli altri sensi;
4) più la voce narrante che “suggerisca al lettore immagini che lo tocchino”.

Questa lista è da sviluppare ogni volta che ci accingiamo a descrivere.
L’elemento visivo diventa spesso la prima idea creativa.
La maggior parte delle descrizioni prende il via dalla vista, ma sono le fasi successive e cioè: lo spazio; gli altri sensi e la voce narrante che rendono “toccante” un testo descrittivo.
Pensiamo ad esempio a Don Abbondio.

Don Abbondio è il primo personaggio de I Promessi Sposi. Il Manzoni lo introduce descrivendo le sue azioni senza precisare le caratteristiche fisiche. Il carattere di Don Abbondio si può dividere in tre aspetti principali che influenzano enormemente il suo sistema di vita: è abitudinario, codardo ed egoista. La prima caratteristica è quella che balza subito agli occhi, infatti la passeggiata di Don Abbondio ne è una prova certa. Il Manzoni ci rivela che tutti i giorni il curato intraprende quella stradina e che compie sempre le stesse azioni: chiudere il breviario tenendovi per segno l'indice della mano destra, buttare con un piede contro il muro i ciottoli e girare oziosamente gli occhi. Inoltre, questa sua caratteristica, viene confermata con il parallelo con la natura immobile e incontaminata che circonda quel ramo del lago di Como.
Non è nato con un cuor di leone e per preservare la sua tranquillità ha deciso di evitare tutti gli ostacoli dalla sua strada, proprio come fa con i ciottoli lungo il sentiero. Ha deciso di intraprendere la carriera ecclesiastica, non spinto da una vocazione, ma dai privilegi e dalla protezione che, senza il minimo sforzo, gli offre il clero. Testimoniano questo suo bisogno di sentirsi al sicuro le sopracciglia appositamente tenute lunghe per nascondere gli occhi, lo specchio dell'anima. Infine il profondo egoismo ed egocentrismo di Don Abbondio sono la sua terza caratteristica. Infatti cerca di non essere giudice in nessuna disputa, ma quando è costretto a dare il proprio parere, assume le parti del più potente, curandosi di far capire all'altro che avrebbe preso le sue difese se solo si fosse dimostrato più forte.
Tutti questi dati del carattere nascono dalle stesse azioni di Don Abbondio.
Don Abbondio agisce, si mostra, risponde ai bravi per quel che è ed è così che il lettore si fa un’opinione di lui.
Per scrivere, bisogna leggere!

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