domenica 28 ottobre 2012

Egungun e archetipi



Vi invito, amici scrittori, a fare una ricerca sull’Egungun.
Questa maschera ancestrale potrebbe stimolare la vostra fantasia e portarvi a riflettere. 


Le maschere engungun mostrano la potenza degli antenati e ricodano che alla morte, solo il corpo muore perché lo spirito è immortale. I morti non sono morti e ritornano nell'Egungun. Cercate di scoprire come.
Secondo una leggenda antica e lontana, il dio Amayegun insegnò agli uomini a fabbricare e utilizzare costumi e maschere per raggirare la morte.
Scoprite da voi chi è l’Egungun o, se lo avete già “conosciuto”, studiatene più dettagliatamente il rito, vi servirà per capire cosa deve imparare lo scrittore per creare i suoi personaggi.
Nella nostra lingua italiana i concetti di maschera, di persona e, successivamente, di personaggio sono strettamente collegati.
Maschera è un vocabolo d’incerta etimologia ed ha assonanza con il logobardo ma scam cioè strega.
In latino, persona ha indicato la maschera dell’attore. L’origine etrusca di questo vocabolo è rapportabile al contatto artistico tra Etruschi e Romani.
Perché le persone diventassero personaggi, nella lingua italiana, bisogna arrivare, attraverso la Francia, al XIII secolo.
Anche oggi, il principale significato di personaggio è quello di persona la cui vita diventa un racconto.
Certo è che ci sono personaggi di cui ricordiamo tutto anche se dimentichiamo il titolo del libro o il nome dell’autore.
Ci sono personaggi resi memorabili dalla combinazione perfetta di usuale e inusuale.
L’equilibrio tra umano e divino rende reale, e amato, il personaggio.
Lo scrittore che ha dato vita a un personaggio immortale ha colto un segreto. Un personaggio deve somigliare a una persona vera e quindi essere multisfaccettato o almeno avere un chiaroscuro.
Esistono gli archetipi a cui chi scrive può e deve fare riferimento per creare immadesimazione da parte del lettore.
Gli archetipi sono i nostri modelli.
Il concetto di archetipo si incontra in letteratura, nell'ambito della narratologia. L’archetipo dell'eroe è considerato generalmente un concetto chiave nel racconto.

lunedì 22 ottobre 2012

Personaggi a brevi pennellate!





Normalmente il protagonista sarà quello a cui lo scrittore darà più vita.
Egli avrà una personalità complessa che si svilupperà durante tutto il narrato.
Poi ci sono i personaggi comprimari che avranno una caratterizzazione simile a quella del protagonista, ma meno dettagliata. Essi daranno una mano al protagonista, senza offuscarlo. Stabilire chi è il protagonista e chi sono i personaggi comprimari e secondari è fondamentale.
I personaggi secondari posso essere descritti anche solo da dettagli, ad esempio una caratteristica fisica o il loro lavoro. Dei personaggi secondari non è importante conoscerne carattere e personalità; essi fungono spesso “da spalla”.
Uno degli errori del dilettante è quello di far sì che la storia prenda il sopravvento sui personaggi.
Bisogna, invece, scavare fino in fondo tutti gli aspetti psicologici.
La costruzione del protagonista e del personaggio risulta particolarmente complicata.
Lo scrittore dovrà tratteggiare ogni dettaglio: aspetto fisico, psicologico, descrivere i suoi pensieri, i suoi gesti, le piccole manie, i tic.
Dovrà stilare un identikit.
Curare un’accurata indagine sulle motivazioni che lo spingono a pensare in un modo anziché in un altro, a fare una scelta e non un'altra, a dire una cosa piuttosto che un'altra.
Bisogna costruire i personaggi con brevi pennellate, creando figure pregnanti e complesse usando un numero ristretto di vocaboli, che risultano però talmente efficaci da essere esaustivi.
Un consiglio è quello di limitare il più possibile il numero di aggettivi, di lasciare molto spazio all’immaginazione del lettore, ma non troppo!
Il lettore, infatti, ha bisogno per appassionarsi, di immedesimarsi.

lunedì 15 ottobre 2012

del leggere e dello scrivere



Leggere fa bene allo scrittore.
Per quanto possa apparire ovvio, leggere è di grande aiuto a chi scrive.
Imparare a capire che c’è differenza tra la lettura e lo studiare la scrittura degli altri è fondamentale: qui non s’impara a “copiare” ma a comprendere cosa funziona.
Bisogna imparare a “smontare la scrittura dei grandi autori”.
Spesso si pensa che per scrivere una buona storia basti disporre in successione delle azioni senza curarsi della personalità dei personaggi, dobbiamo però comprendere che, per chi legge, l’immedesimazione scatta quando il lettore si riconosce nelle varie emozioni.
Lo scrittore non ci trasferisce i suoi sentimenti, ma ci porta a viverli in prima persona o meglio a riviverli, a riconoscerli come nostri.
Il modo di comportarsi di un personaggio non deve, proprio per questo, mai apparire immotivato a chi legge. Ogni personaggio deve avere una propria personalità.
Dando vita a una storia è necessario tener presente il senso che le azioni dei personaggi hanno nella società, nella vita.
Quando ci dedichiamo alla scrittura dobbiamo avere un buon motivo per farlo!


giovedì 11 ottobre 2012

L'incipit come immagine

Piero Chiara (1913-1986)

L'uovo al cianuro

All'età di circa sessant'anni, il signor Pareille venne a stabilirsi nella nostra piccola città dove nessuno l'aveva mai visto prima. Qualche disgrazia, la vedovanza, un rovescio finanziario o diversi accidenti insieme, dovevano averlo indotto a cercare un luogo dove, risultando sconosciuto a tutti, avrebbe potuto iniziare o ricominciare un'attività, senza aver d'intorno l'ambiente e neppure l'atmosfera dentro la quale era scorsa la sua vita precedente. Con pochi mobili e un grosso baule caricati sopra il carretto a mano d'un facchino, arrivò dalla stazione a testa bassa dietro i suoi penati.



Provate a leggere a voce alta questo incipit.
Mi raccomando: fate attenzione alla punteggiatura. Leggete con enfasi, no, non troppa, poi… provate a immaginare il signor Pareille.
Immaginatelo e poi osservatelo. Come ha fatto Piero Chiara a farcelo vedere? La descrizione di questo personaggio è un’immagine.
È il disegno di un uomo che fugge da se stesso. Una buona descrizione è una piccola miniatura come questa che abbiamo appena letta.
Possiamo asserire che questo incipit “funziona” perché crea un’immagine condivisibile.

domenica 7 ottobre 2012

Gli indomabili



Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944)

Come definire "Gli Indomabili"? Romanzo d'avventura? poema simbolico? romanzo fantastico? fiaba? visione filosofico-sociale? - Nessuna di queste denominazioni può caratterizzarlo. È un libro paolibero. Nudo crudo sintetico. Simultaneo policromo umorista. Vasto violento dinamico. Certo lo avevo nelle mie vene libere e nei miei liberi muscoli quando giocavo bambino nudo coi monelli negri nudi sulle dune roventi di Ramleh. Una tenda beduina bruna ornata di cani scheletrici stracci carogne immondizie. Silenzioso rosso delle facce dei negri accovacciati intorno ad un fuoco aromatico. Crepitio. Spirale del fumo azzurro. Silenzio assoluto. Cristallo ansioso dell'aria. Il silenzio geme. Un flauto. Sogna forse di spremere la dolcezza della purissima sera verde.


Insomma cosa deve fare un incipit per essere buono?
Gli iscritti al corso stanno già lavorando al primo esercizio inviato privatamente.
Quello che viene chiesto è di creare un forte legame tra il personaggio narrante e il lettore ipotetico.
Suggerisco a tutti di leggere con estrema attenzione l’icipit qui proposto.
Cercare di capire perché funziona e come funziona può essere di grande aiuto.