venerdì 23 dicembre 2011
L'equilibrio del dialogo
Il modo di esprimersi di un personaggio deve essere coerente con la sua storia passata, con il suo carattere, con l’ambiente in cui è collocato.
Chi scrive decide tutti gli aspetti della vita dei suoi personaggi, ma poi deve avere il coraggio di ascoltarli, di lasciarli esprimere liberamente, di rispettarli per come sono stati creati.
L’autore deve “gettarsi a mare” e dare spazio alla voce dei personaggi.
Se non lo fa, tutti i suoi personaggi avranno la stessa voce: la sua!
Per questo bisogna diffidare dai dialoghi che nascono spontanei e senza sforzi: è così che spesso l’autore fa dei dialoghi con se stesso che, ovviamente, non interessano a nessuno.
I dialoghi che quando leggiamo ci sembrano “naturali” sono quelli ben costruiti, e hanno il potere di affascinarci. Non sono mai trascritti dalla realtà, sono invece frutto della bravura dell’autore.
mercoledì 21 dicembre 2011
lunedì 19 dicembre 2011
la fedeltà dello scrittore
“Cerami, in "Consigli a un giovane scrittore", presenta uno dei più brutti dialoghi possibili, per indicare subito quello che non bisogna fare.
Il brano è ripreso da un film che inizia presentando un uomo e una donna seduti di fronte, al di qua e al di là di un tavolino.
LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al mese!
LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... e poi ti dimentichi di nostra figlia Teresa...
LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.
È evidente che i due personaggi stanno passando informazioni al pubblico. Sanno bene di essere marito e moglie, di chiamarsi Maria e Giovanni, di avere una figlia di nome Teresa che fa la quinta elementare e di lavorare uno alla Standa e l’altra all’Italsider: non hanno bisogno di dirselo.
Non è un dialogo ma un "a parte", o meglio: un "a parte" travestito da dialogo.
L’esempio mette a fuoco un problema che è sempre presente in un dialogo: chiarire e spiegare nel modo più invisibile. Tanto che possiamo considerare valida l’equazione: meno informazioni ci sono tanto più il dialogo è efficace”.
Il brano è ripreso da un film che inizia presentando un uomo e una donna seduti di fronte, al di qua e al di là di un tavolino.
LUI: Tu non puoi parlarmi così Maria.., io sono tuo marito da sei anni, e lavoro dalla mattina alla sera alla Standa per un milione al mese!
LEI: Invece ti parlo cosi Giovanni, perché stiamo poco insieme visto che anch‘io lavoro, ma all’Italsider... e poi ti dimentichi di nostra figlia Teresa...
LUI: Ma lei va a scuola, fa la quinta elementare... ecc.
È evidente che i due personaggi stanno passando informazioni al pubblico. Sanno bene di essere marito e moglie, di chiamarsi Maria e Giovanni, di avere una figlia di nome Teresa che fa la quinta elementare e di lavorare uno alla Standa e l’altra all’Italsider: non hanno bisogno di dirselo.
Non è un dialogo ma un "a parte", o meglio: un "a parte" travestito da dialogo.
L’esempio mette a fuoco un problema che è sempre presente in un dialogo: chiarire e spiegare nel modo più invisibile. Tanto che possiamo considerare valida l’equazione: meno informazioni ci sono tanto più il dialogo è efficace”.
Questo esempio che vi ho integralmente riportato mette bene in evidenza quello che un bravo scrittore deve sempre tenere presente: il dialogo non deve mai essere fluido e discorsivo, se lo è non funzionerà!
Sembra un paradosso ma non lo è affatto.
I dialoghi funzionano quando c’incuriosiscono, quando ci spingono a voltar pagina e ci tengono con il fiato sospeso, quando ci sforziamo di decifrarli e, soprattutto, quando, nascono spontaneamente dalla psicologia dei personaggi che abbiamo creato.
Se i personaggi vivono veramente di vita propria allora parleranno e sta a noi prendere appunti!
Un dialogo, è così, non parte dall’inizio: c’è sempre un già detto, c’è sempre il vissuto dei singoli personaggi, c’è sempre la loro vita, il loro mondo, la loro realtà e a noi sta solo cogliere tutto il più fedelmente possibile.
martedì 13 dicembre 2011
della citazione
E così vorresti fare lo scrittore
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal
cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla
macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai per soldi o per
fama,
non farlo.
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un
ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono e noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'auto-
compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno
sbadigliato
fino ad addormentarsi
per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè
e continuerà
finchè tu morirai o morirà in te.
non c'è altro modo.
e non c'è mai stato.
C. Bukowsky
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal
cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla
macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai per soldi o per
fama,
non farlo.
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un
ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos'altro.
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono e noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall'auto-
compiacimento.
le biblioteche del mondo hanno
sbadigliato
fino ad addormentarsi
per tipi come te.
non aggiungerti a loro.
non farlo.
a meno che non ti esca
dall'anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all'omicidio,
non farlo.
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè
e continuerà
finchè tu morirai o morirà in te.
non c'è altro modo.
e non c'è mai stato.
C. Bukowsky
venerdì 9 dicembre 2011
dell'incipit
Katherine Mansfield (Kathleen Mansfield Beauchamp) (1888-1923)
Garden-Party
E poi il tempo era ideale. Non avrebbero potuto avere una giornata più adatta per una festa in giardino nemmeno se l'avessero ordinata per l'occasione. Senza vento, tiepida, neanche una nuvola. L'azzurro era appannato soltanto da una leggera nebbiolina dorata, come accade all'inizio dell'estate. Il giardiniere era in piedi dall'alba; aveva falciato e rastrellato i prati finché l'erba e le corone di terra scura dove prima c'erano le margherite parevano risplendere. Quanto alle rose, sembrava che sapessero d'essere gli unici fiori che fanno colpo sugli invitati: gli unici fiori che tutti sono certi di riconoscere. Ne erano sbocciate a centinaia, sì addirittura a centinaia in una sola notte; i cespugli verdi s'inchinavano fino a terra come se fossero stati visitati da un arcangelo.
Garden-Party
E poi il tempo era ideale. Non avrebbero potuto avere una giornata più adatta per una festa in giardino nemmeno se l'avessero ordinata per l'occasione. Senza vento, tiepida, neanche una nuvola. L'azzurro era appannato soltanto da una leggera nebbiolina dorata, come accade all'inizio dell'estate. Il giardiniere era in piedi dall'alba; aveva falciato e rastrellato i prati finché l'erba e le corone di terra scura dove prima c'erano le margherite parevano risplendere. Quanto alle rose, sembrava che sapessero d'essere gli unici fiori che fanno colpo sugli invitati: gli unici fiori che tutti sono certi di riconoscere. Ne erano sbocciate a centinaia, sì addirittura a centinaia in una sola notte; i cespugli verdi s'inchinavano fino a terra come se fossero stati visitati da un arcangelo.
mercoledì 7 dicembre 2011
Ri-crea-attivo
Stavolta Erminio Ariano ci sorprende con il suo NETTUNO.
Lasciamoci osservare e osserviamolo.
Facciamolo lentamente e attentamente, molto attentamente.
Nel processo ricreattivo la fretta uccide tutto.
Dedichiamo tempo all'arte, alla bellezza e alla curiosità.
Esaminiamo Nettuno e lasciamoci studiare.
Buone Lettere di Alice a tutte/i!
Milena
La scrittura e i cinque sensi
La scrittura oggi nasce dall’applicazione della potenzialità creativa, presente in ognuno di noi che consente di elaborare soluzioni originali nei vari contesti della vita. Ciò produce degli scritti in cui sono presenti gli elementi tipici della creatività stessa come: immaginazione, estro, fantasia, novità. Proust sosteneva che: ”il vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”. Elemento fondamentale della scrittura creativa è lo stile. Nella scrittura creativa le emozioni e i sensi si combinano producendo storie che riescono a conquistare intimamente l’attenzione del lettore; la scrittura creativa collega il pensiero, le emozioni e le sensazioni di chi scrive a quelli di chi legge attraverso un ponte emozionale che ha come punto di partenza la fantasia e i sensi dello scrittore e come punto di arrivo l’immaginazione, l'interpretazione e la rielaborazione del lettore.
Un elemento basilare e costitutivo della scrittura creativa sono i sensi i quali si sviluppano attraverso due fasi: nella prima fase la mente è libera di spaziare senza confini all’interno di mondi fantastici, possibili e impossibili; nella seconda fase, invece, le sensazioni vengono rielaborate, scelte, esaminate e comunicate.
Secondo alcuni, esistono semplicemente libri scritti bene e libri scritti male, come diceva Oscar Wilde. Sì, può darsi.
Ma se è vero che ogni persona ha le proprie fantasie e ognuno di noi ha un approccio alla vita differente, perché non ammettere che anche la sensibilità personale possa manifestarsi con gesti e parole specifici di ognuno? Lo scrittore deve far uso di tutti e cinque i sensi giacché l’immaginazione creativa nasce dalla capacità di tradurre la realtà in modo nuovo e dall’abilità di usare la fantasia in maniera RICREATTIVA. Il modo di raccontare un episodio, uno stato d'animo, un dialogo, può assumere davvero toni e colori diversissimi secondo ciò che attraverso i sensi filtriamo.
Mi riferisco, per esempio, all'attenzione per i dettagli, per le sfumature, per i cambiamenti minimi e quasi invisibili. La scrittura RICREATTIVA sa cogliere l'infinitesimale, il microscopico e mostrarlo, mettendolo in evidenza, restituendo decoro e valore al più piccolo sentimento interiore.
La scrittura RICREATTIVA guarda all'interno e poi all'esterno, nella convinzione forse che il primo mondo da esplorare, il più ricco e misterioso, sia proprio quello che custodiamo in noi.
La scrittura RICREATTIVA si occupa del singolo per rappresentare l'esperienza collettiva e lo fa proprio utilizzando i sensi, cioè il luogo in cui si generano i primi elementi di contatto con l'esterno. Un luogo in cui il pensiero vive e cresce.
Ma se è vero che ogni persona ha le proprie fantasie e ognuno di noi ha un approccio alla vita differente, perché non ammettere che anche la sensibilità personale possa manifestarsi con gesti e parole specifici di ognuno? Lo scrittore deve far uso di tutti e cinque i sensi giacché l’immaginazione creativa nasce dalla capacità di tradurre la realtà in modo nuovo e dall’abilità di usare la fantasia in maniera RICREATTIVA. Il modo di raccontare un episodio, uno stato d'animo, un dialogo, può assumere davvero toni e colori diversissimi secondo ciò che attraverso i sensi filtriamo.
Mi riferisco, per esempio, all'attenzione per i dettagli, per le sfumature, per i cambiamenti minimi e quasi invisibili. La scrittura RICREATTIVA sa cogliere l'infinitesimale, il microscopico e mostrarlo, mettendolo in evidenza, restituendo decoro e valore al più piccolo sentimento interiore.
La scrittura RICREATTIVA guarda all'interno e poi all'esterno, nella convinzione forse che il primo mondo da esplorare, il più ricco e misterioso, sia proprio quello che custodiamo in noi.
La scrittura RICREATTIVA si occupa del singolo per rappresentare l'esperienza collettiva e lo fa proprio utilizzando i sensi, cioè il luogo in cui si generano i primi elementi di contatto con l'esterno. Un luogo in cui il pensiero vive e cresce.
Scrittura e sensi quindi.
martedì 6 dicembre 2011
Gli Occhi di Argo: "Scritto nel Vento"...
Gli Occhi di Argo: "Scritto nel Vento"...: Concorso letterario dedicato agli Angeli " Scritto nel Vento " I Edizione Ci sono artiste come Sheila Wolk che riescono a far nascere ...
domenica 4 dicembre 2011
lo stile e il naso
Posto un vecchio mio suggerimento, (mi scuso con gli iscritti che in un mio vecchio corso già lo lessero) perché desidero dirvi, dopo aver letto tanti vostri esercizi, che è buona regola ricercare il proprio diletto: lo scrittore è un bimbo che gioca!
Chi si avvicina per la prima volta all’arte del narrare, sarà come il bambino che inizia a camminare.
Egli possiede già un suo stile, ma è un’idea in formazione.
Non sono d’accordo con chi asserisce che "è bene, in questo stadio, anziché cercare l’originalità, puntare alla chiarezza, alla limpidezza del testo e che il resto verrà da sé".
Ho seguito un corso di scrittura che sosteneva questo concetto e così lo sottolineava: "quando la personalità si realizza per mezzo delle esperienze e delle acquisizioni arriverete a possedere uno stile vostro che potrete via via sempre meglio padroneggiare".
Bene, io credo che questo non sia affatto vero: ognuno ha il proprio stile come ha il proprio naso J
È vero, che, a parer mio, l’esercizio fa bene al proprio stile, ma questa è un’altra cosa.
Più scrivi, più sai scrivere e non ha niente a che fare, in sé, con lo stile.
C’è differenza profonda tra il saper scrivere bene e avere un proprio stile.
C’è un legame sottile tra esercizio e stile: ha a che fare con la malizia dello scrittore, col suo diletto.
La forma, l’espressione, il linguaggio che tu usi quando scrivi sarà molto stimolato dalla ricerca di originalità.
Audacia, creatività ed estro vanno a braccetto col tuo stile.
Per avere uno stile interessante non ricercare la "chiarezza del testo" ma piuttosto divertiti a pasticciare con le parole.
Sperimenta vari generi, osa, leggi molto, riscrivi, trascrivi, prendi spunti da ciò che leggi e fallo tuo.
L’arte passa sempre per il divertimento!
sabato 3 dicembre 2011
dell'incipit
Emmanuíl Roidis (1836-1904)
I Pàpissa Ioanna (La Papessa Giovanna)
Di norma i poeti epici cominciano dalla metà; lo stesso fanno i romanzieri, che ordinano a un giornale prezzolata di definire "epopee" - con "licenza aristotelica" - le vicende dei Porthos e degli Aramis, distribuite in vari volumi; poi l'eroe, non appena trova l'occasione giusta, racconta all'amata gli antefatti, dentro una grotta o una reggia, sull'erba profumata o sopra un morbido letto, "dopo che ebbero scacciato la brama del letto e dell'amore".
Così vuole il latino Orazio dell'Ars Poetica; questo raccomandano i librai ogniqualvolta ordinano un libro e ne impongono all'autore la lunghezza, la larghezza e la materia, come si ordina un vestito a un sarto. Questo è dunque il metodo comune: ma io preferisco cominciare dall'inizio: chi ama il disordine classico può leggere dapprima le ultime pagine del mio libro e poi le prime, trasformando così in un romanzo epico la mia narrazione sobria e veritiera.
(Traduzione: Filippomaria Pontani)
I Pàpissa Ioanna (La Papessa Giovanna)
Di norma i poeti epici cominciano dalla metà; lo stesso fanno i romanzieri, che ordinano a un giornale prezzolata di definire "epopee" - con "licenza aristotelica" - le vicende dei Porthos e degli Aramis, distribuite in vari volumi; poi l'eroe, non appena trova l'occasione giusta, racconta all'amata gli antefatti, dentro una grotta o una reggia, sull'erba profumata o sopra un morbido letto, "dopo che ebbero scacciato la brama del letto e dell'amore".
Così vuole il latino Orazio dell'Ars Poetica; questo raccomandano i librai ogniqualvolta ordinano un libro e ne impongono all'autore la lunghezza, la larghezza e la materia, come si ordina un vestito a un sarto. Questo è dunque il metodo comune: ma io preferisco cominciare dall'inizio: chi ama il disordine classico può leggere dapprima le ultime pagine del mio libro e poi le prime, trasformando così in un romanzo epico la mia narrazione sobria e veritiera.
(Traduzione: Filippomaria Pontani)
giovedì 1 dicembre 2011
un buon esecizio di Maria Teresa Sacco
Sin da piccola Betty sapeva indossare i suoi cappelli con molta leggiadria. Nelle foto appariva già con minuscoli berretti rosa pallido ricamati a fiori e i nastrini gialli, con l’azzurro attiravano i suoi capricci. Appena ne metteva uno, diventava vezzosa e indifferente a tutto ciò che la circondava, niente e nessuno era più importante di quel capello che in quel momento la inghirlandava a festa. Ammirava il suo profilo allo specchio e si piaceva sempre. A volte i suoi capelli biondi erano raccolti sotto uno di questi dal tessuto in linea morbida e chiara dalle forme stravaganti.
La domenica era un figurone! Nella solita chiesetta di montagna entrava accompagnata dalla nonna per la messa, non si vergognava se i bimbi più maliziosi la osservavano attirati dalla graziosità dei suoi cappellini, compiaciuti, le sorridevano a volte strizzavano anche l’occhiolino.
Oggi i cappelli di Betty non sono più quelli di una volta, sono la sua passione e ne colleziona a centinaia. Appena ne vede uno particolare in vetrina, lo compra senza alcuna esitazione, solo per il gusto di averne uno in più. Un cappello nuovo le mette addosso adrenalina data dalla freschezza del panno che non è stato ancora maneggiato, che l’avvolge di purezza e raffinata innocenza. In quel momento gli odori solleticano fortemente il suo naso, iniettano nel suo cervello una sorta di sostanza che la rende ogni volta perdutamente dipendente.
Cappelli costosi, banali, alla moda con visiera e senza entrano nell’armadio per far parte del suo arredo abbigliare. Quelli in paglia li considera, nonostante la semplicità del materiale, molto raffinati per le fascette di seta che l’impreziosiscono. Il tessuto preferito è il raso rosa decorato con segni geometrici in sfumature rosse che intrigano gli sguardi e ammaliano le più pettegole osservatrici. A contatto con quella stoffa uno strano torpore invade la sua esistenza, la sua femminilità diventa un tutt’uno con il copricapo, che le dona mille volti e aspetti diversi assecondando perfino l’umore.
Il vento spesso, anche quello più lieve, trapela il tessuto cosicché Betty riesce ad ascoltare le emozioni che quello strano compagno, indumento da molti ritenuto inutile e superfluo, le suggerisce. Lo sente vibrare sul suo capo, lo trattiene con le mani, ogni tanto lo risistema per apparire sempre perfetta a ogni occasione soprattutto quando è semplicemente in strada per una passeggiata. Ogni cappello per lei ha un sapore diverso, produce sensazioni gradevoli o tristi a secondo dei momenti o degli avvenimenti che non risparmiano la sua vita piena di novità, così a volte preferisce mettere da parte quei cappelli che le danno un sapore amaro mentre pone in bella vista quelli che sono dolci come lo zucchero filato.
A volte fa la conta uno, due, tre … ma Betty non sceglie mai a caso, se non addirittura chiude gli occhi e, lascia che quel giorno sia il cappello a scegliere lei.
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