venerdì 9 dicembre 2011

dell'incipit

Katherine Mansfield (Kathleen Mansfield Beauchamp) (1888-1923)


Garden-Party
E poi il tempo era ideale. Non avrebbero potuto avere una giornata più adatta per una festa in giardino nemmeno se l'avessero ordinata per l'occasione. Senza vento, tiepida, neanche una nuvola. L'azzurro era appannato soltanto da una leggera nebbiolina dorata, come accade all'inizio dell'estate. Il giardiniere era in piedi dall'alba; aveva falciato e rastrellato i prati finché l'erba e le corone di terra scura dove prima c'erano le margherite parevano risplendere. Quanto alle rose, sembrava che sapessero d'essere gli unici fiori che fanno colpo sugli invitati: gli unici fiori che tutti sono certi di riconoscere. Ne erano sbocciate a centinaia, sì addirittura a centinaia in una sola notte; i cespugli verdi s'inchinavano fino a terra come se fossero stati visitati da un arcangelo.

mercoledì 7 dicembre 2011

Ri-crea-attivo

Stavolta Erminio Ariano ci sorprende con il suo NETTUNO.
Lasciamoci osservare e osserviamolo.
Facciamolo lentamente e attentamente, molto attentamente.
Nel processo ricreattivo la fretta uccide tutto.
Dedichiamo tempo all'arte, alla bellezza e alla curiosità.
Esaminiamo Nettuno e lasciamoci studiare.
Buone Lettere di Alice a tutte/i!
Milena

La scrittura e i cinque sensi

La scrittura oggi nasce dall’applicazione della potenzialità creativa, presente in ognuno di noi che consente di elaborare soluzioni originali nei vari contesti della vita. Ciò produce degli scritti in cui sono presenti gli elementi tipici della creatività stessa come: immaginazione, estro, fantasia, novità. Proust sosteneva che: ”il vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi”. Elemento fondamentale della scrittura creativa è lo stile. Nella scrittura creativa le emozioni e i sensi si combinano producendo storie che riescono a conquistare intimamente l’attenzione del lettore; la scrittura creativa collega il pensiero, le emozioni e le sensazioni di chi scrive a quelli di chi legge attraverso un ponte emozionale che ha come punto di partenza la fantasia e i sensi dello scrittore e come punto di arrivo l’immaginazione, l'interpretazione e la rielaborazione del lettore.
Un elemento basilare e costitutivo della scrittura creativa sono i sensi i quali si sviluppano attraverso due fasi: nella prima fase la mente è libera di spaziare senza confini all’interno di mondi fantastici, possibili e impossibili; nella seconda fase, invece, le sensazioni vengono rielaborate, scelte, esaminate e comunicate.
Secondo alcuni, esistono semplicemente libri scritti bene e libri scritti male, come diceva Oscar Wilde. Sì, può darsi.
Ma se è vero che ogni persona ha le proprie fantasie e ognuno di noi ha un approccio alla vita differente, perché non ammettere che anche la sensibilità personale possa manifestarsi con gesti e parole specifici di ognuno? Lo scrittore deve far uso di tutti e cinque i sensi giacché l’immaginazione creativa nasce dalla capacità di tradurre la realtà in modo nuovo e dall’abilità di usare la fantasia in maniera RICREATTIVA. Il modo di raccontare un episodio, uno stato d'animo, un dialogo, può assumere davvero toni e colori diversissimi secondo ciò che attraverso i sensi filtriamo.
Mi riferisco, per esempio, all'attenzione per i dettagli, per le sfumature, per i cambiamenti minimi e quasi invisibili. La scrittura RICREATTIVA sa cogliere l'infinitesimale, il microscopico e mostrarlo, mettendolo in evidenza, restituendo decoro e valore al più piccolo sentimento interiore.
La scrittura RICREATTIVA guarda all'interno e poi all'esterno, nella convinzione forse che il primo mondo da esplorare, il più ricco e misterioso, sia proprio quello che custodiamo in noi.
La scrittura RICREATTIVA si occupa del singolo per rappresentare l'esperienza collettiva e lo fa proprio utilizzando i sensi, cioè il luogo in cui si generano i primi elementi di contatto con l'esterno. Un luogo in cui il pensiero vive e cresce.
Scrittura e sensi quindi.

martedì 6 dicembre 2011

Gli Occhi di Argo: "Scritto nel Vento"...

Gli Occhi di Argo: "Scritto nel Vento"...: Concorso letterario dedicato agli Angeli " Scritto nel Vento " I Edizione Ci sono artiste come Sheila Wolk che riescono a far nascere ...

domenica 4 dicembre 2011

lo stile e il naso


Posto un vecchio mio suggerimento, (mi scuso con gli iscritti che in un mio vecchio corso già lo lessero) perché desidero dirvi, dopo aver letto tanti vostri esercizi, che è buona regola ricercare il proprio diletto: lo scrittore è un bimbo che gioca!

Chi si avvicina per la prima volta all’arte del narrare, sarà come il bambino che inizia a camminare.
Egli possiede già un suo stile, ma è un’idea in formazione.
Non sono d’accordo con chi asserisce che "è bene, in questo stadio, anziché cercare l’originalità, puntare alla chiarezza, alla limpidezza del testo e che il resto verrà da sé".
Ho seguito un corso di scrittura che sosteneva questo concetto e così lo sottolineava: "quando la personalità si realizza per mezzo delle esperienze e delle acquisizioni arriverete a possedere uno stile vostro che potrete via via sempre meglio padroneggiare".
Bene, io credo che questo non sia affatto vero: ognuno ha il proprio stile come ha il proprio naso J
È vero, che, a parer mio, l’esercizio fa bene al proprio stile, ma questa è un’altra cosa.
Più scrivi, più sai scrivere e non ha niente a che fare, in sé, con lo stile.
C’è differenza profonda tra il saper scrivere bene e avere un proprio stile.
C’è un legame sottile tra esercizio e stile: ha a che fare con la malizia dello scrittore, col suo diletto.

La forma, l’espressione, il linguaggio che tu usi quando scrivi sarà molto stimolato dalla ricerca di originalità.
Audacia, creatività ed estro vanno a braccetto col tuo stile.
Per avere uno stile interessante non ricercare la "chiarezza del testo" ma piuttosto divertiti a pasticciare con le parole.
Sperimenta vari generi, osa, leggi molto, riscrivi, trascrivi, prendi spunti da ciò che leggi e fallo tuo.
L’arte passa sempre per il divertimento!

sabato 3 dicembre 2011

dell'incipit

Emmanuíl Roidis (1836-1904)
I Pàpissa Ioanna (La Papessa Giovanna)
Di norma i poeti epici cominciano dalla metà; lo stesso fanno i romanzieri, che ordinano a un giornale prezzolata di definire "epopee" - con "licenza aristotelica" - le vicende dei Porthos e degli Aramis, distribuite in vari volumi; poi l'eroe, non appena trova l'occasione giusta, racconta all'amata gli antefatti, dentro una grotta o una reggia, sull'erba profumata o sopra un morbido letto, "dopo che ebbero scacciato la brama del letto e dell'amore".
Così vuole il latino Orazio dell'
Ars Poetica; questo raccomandano i librai ogniqualvolta ordinano un libro e ne impongono all'autore la lunghezza, la larghezza e la materia, come si ordina un vestito a un sarto. Questo è dunque il metodo comune: ma io preferisco cominciare dall'inizio: chi ama il disordine classico può leggere dapprima le ultime pagine del mio libro e poi le prime, trasformando così in un romanzo epico la mia narrazione sobria e veritiera.
(Traduzione: Filippomaria Pontani)

giovedì 1 dicembre 2011

un buon esecizio di Maria Teresa Sacco

Sin da piccola Betty sapeva indossare i suoi cappelli con molta leggiadria. Nelle foto appariva già con minuscoli berretti rosa pallido ricamati a fiori e i nastrini gialli, con l’azzurro attiravano i suoi capricci. Appena ne metteva uno, diventava vezzosa e indifferente a tutto ciò che la circondava, niente e nessuno era più importante di quel capello che in quel momento la inghirlandava a festa. Ammirava il suo profilo allo specchio e si piaceva sempre. A volte i suoi capelli biondi erano raccolti sotto uno di questi dal tessuto in linea morbida e chiara dalle forme stravaganti.
La domenica era un figurone! Nella solita chiesetta di montagna entrava accompagnata dalla nonna per la messa, non si vergognava se i bimbi più maliziosi la osservavano attirati dalla graziosità dei suoi cappellini, compiaciuti, le sorridevano a volte strizzavano anche l’occhiolino.
Oggi i cappelli di Betty non sono più quelli di una volta, sono la sua passione e ne colleziona a centinaia. Appena ne vede uno particolare in vetrina, lo compra senza alcuna esitazione, solo per il gusto di averne uno in più. Un cappello nuovo le mette addosso adrenalina data dalla freschezza del panno che non è stato ancora maneggiato, che l’avvolge di purezza e raffinata innocenza. In quel momento gli odori solleticano fortemente il suo naso, iniettano nel suo cervello una sorta di sostanza che la rende ogni volta perdutamente dipendente.
Cappelli costosi, banali, alla moda con visiera e senza entrano nell’armadio per far parte del suo arredo abbigliare. Quelli in paglia li considera, nonostante la semplicità del materiale, molto raffinati per le fascette di seta che l’impreziosiscono. Il tessuto preferito è il raso rosa decorato con segni geometrici in sfumature rosse che intrigano gli sguardi e ammaliano le più pettegole osservatrici. A contatto con quella stoffa uno strano torpore invade la sua esistenza, la sua femminilità diventa un tutt’uno con il copricapo, che le dona mille volti e aspetti diversi assecondando perfino l’umore.
Il vento spesso, anche quello più lieve, trapela il tessuto cosicché Betty riesce ad ascoltare le emozioni che quello strano compagno, indumento da molti ritenuto inutile e superfluo, le suggerisce. Lo sente vibrare sul suo capo, lo trattiene con le mani, ogni tanto lo risistema per apparire sempre perfetta a ogni occasione soprattutto quando è semplicemente in strada per una passeggiata. Ogni cappello per lei ha un sapore diverso, produce sensazioni gradevoli o tristi a secondo dei momenti o degli avvenimenti che non risparmiano la sua vita piena di novità, così a volte preferisce mettere da parte quei cappelli che le danno un sapore amaro mentre pone in bella vista quelli che sono dolci come lo zucchero filato.
A volte fa la conta uno, due, tre … ma Betty non sceglie mai a caso, se non addirittura chiude gli occhi e, lascia che quel giorno sia il cappello a scegliere lei.